LA CASA DI VETRO
New Jersey
“È una bella zona, qui.”
Le dita di mio marito tamburellano il volante al ritmo di una canzone. “Sì”
conferma, lasciando poi scivolare una mano sulle mie cosce. “Sono proprio dei
bei posti.”
Stiamo percorrendo uno dei tanti graziosi quartieri che ci sono da queste
parti. È la prima volta che visitiamo il New Jersey e tutto ci sembra
bellissimo. I miei cugini, che ci attendono per cena, ci hanno messaggiato che
è tutto pronto e ci hanno ricordato che, agli occhi dei turisti, è tutto molto
affascinante. Tuttavia, ce la prendiamo comoda. È una bella sera d’estate e
queste zone sembrano quelle dei film americani. Case bellissime, quasi tutte
uguali, con giardini curati e bandiere a stelle e strisce attaccate sui muri.
Una casa in particolare attira la mia attenzione man mano che ci
avviciniamo. È diversa dalle altre, spigolosa e austera, con una grande vetrata
al posto della facciata che dà sulla strada.
L’enorme finestra è illuminata a giorno; intravedo qualche quadro appeso
alle pareti color crema, delle suppellettili, un mobilio moderno e poi una
figura completamente nuda immobile con le spalle alla parete. Trattengo il
respiro.
"Un uomo..."
"Come?" mio marito si gira appena.
Giro di scatto la testa, ma stiamo già oltrepassando la casa.
"Un uomo… nudo. In quella grande casa."
"Mamma, hai bevuto?" Mia figlia, nei sedili posteriori, mi sfotte
con la consueta insolenza degli adolescenti.
"Vi giuro c'era un uomo nudo in piedi immobile davanti alla vetrata!"
Grido voltandomi verso di lei. Io stessa mi darei della pazza se non lo avessi
visto con i miei occhi. Sono così scossa che mi tremano le labbra.
"Un uomo nudo.” Mio marito maschera a malapena un sorrisino.
"Ti giuro! L'ho visto! Posizione innaturale come fosse imbalsamato."
Getto un’occhiata allo specchietto retrovisore, ma la casa di vetro è già
lontana. Sarei tentata di ordinargli di tornare indietro, ma perfino alle mie
orecchie le mie affermazioni risultano bizzarre.
"Sarà stata una statua…" bofonchia ancora mia figlia, scrollando
il cellulare con noia.
"No, non era una stuta, una statua non può…” Mi blocco, ho ancora l’immagine
vivida davanti. Il suo sguardo, il colorito della pelle, perfino i peli sull’addome
pronunciato…
“Non può…?” incalza mio marito fissando la strada.
“Non può avere sembianze così umane. Non era una statua. Era un uomo
nudo, con le spalle al muro, che fissava davanti a sé…”
Lui allunga una mano verso la mia coscia e preme un po’, come a rabbonirmi. “Ti sarai sbagliata. Sei stanca, dormi."
La scaccio via in malo modo.
"Non sono stanca e non voglio dormire! L'ho visto!" E più lo affermo
e più ne sono certa. Sono l’unica che potrebbe averlo visto per bene. Lui era
troppo intento a guidare in strade che non conosce, mia figlia a rincitrullirsi
col telefonino.
"Mamma, forse era un'apparizione. Forse hai visto Gesù” mi sfotte lei
con una risatina.
Giro la testa e la fulmino con lo sguardo. “Ho visto un uomo nudo in piedi
davanti alla finestra. Non so per quale motivo, non so perché se ne stava immobile
con le braccia lungo i fianchi. Non so perché era illuminata solo quella
finestra e non so perché sembrava in trance. So solo che non sono pazza!”
Mi prendo la testa tra le mani e chiudo gli occhi. L’uomo è ancora lì,
ancorato nella mia mente. È tutto così surreale e strano che mi metterei a
gridare. C’era un uomo laggiù, l’ho visto. Il fatto che loro lo abbiano ignorato
non fa di me una pazza o una bugiarda.
Quando arriviamo dai miei cugini li aggredisco concitata: "Qui fuori,
poco distante, un uomo nudo, immobile con le braccia sui fianchi, sguardo perso
nel vuoto, davanti a una finestra!"
Tutti mi fissano come se parlassi arabo.
"Un uomo nudo?" Mia cugina inarca le sopracciglia.
"Scusatela, è stanca." Mio marito cerca di farmi tacere toccandomi
un braccio.
"Smettila! È vero, è qui fuori! Era immobile come se fosse… morto."
"Morto?" I miei parenti mi guardano con compassione e rivolgono
uno sguardo ambiguo a mia figlia. Lei fa spallucce con una smorfia
"Dovete credermi. Non sono pazza! Tre quartieri più in là. Una casa
bianca con una grande vetrata. Impossibile non notarla."
I miei cugini aggrottano la fronte. "Non ci sono case bianche a vetri
qui."
Rimango di sasso. Mi si azzera la salivazione. Non è possibile. "Come
non ci sono case bianche... Io l'ho vista…" sfiato mettendo in dubbio, per
la prima volta, le mie parole.
Mi sento come James Stewart ne 'La finestra sul cortile'; mi fanno passare
per pazza, ma cristosantissimo l'ho visto con i miei occhi.
“Venite, si cena” annuncia mia cugina, ma io non ci sto. Devo capire. Devo
sapere.
“Vi prego, ascoltatemi, cerco di descrivervi la casa…”
“Adesso basta…” Mio marito sbuffa e incrocia le braccia al petto “Oggi non
ha preso le goccine” spiega col solo intento di sfottermi. Tutti sanno che ne
faccio uso, non l’ho mai nascosto; mi aiutano a dormire quando la notte diventa
un’anima nera troppo pesante da sopportare, ma non ho esagerato, non sono
fatta, non ho le allucinazioni.
“No, non basta! Jean ascoltami almeno tu.”
Grazie alla mia memoria fotografica comincio a descrivere il quartiere, la
casa, perfino il viale alberato e tutto quello che mi ricordo.
A un certo punto mia cugina esclama: "Ah, ho capito! La casa che non
riescono a vendere!"
Espirato rumorosamente. Non sono pazza. Non sono pazza. Non sono pazza.
"Ma è abitata adesso…" dico cauta.
"Mmh... non so, può essere. Ma cambia spesso proprietario, tutti dopo
un po’ scappano e non si capisce perché..."
Lo dice con una razionale tranquillità mentre io mi sento raggelare. Possibile
che non capisca? Possibile che nessuno di loro ci sia arrivato?
"Ci voglio tornare. Magari di giorno” prorompo d’un tratto.
"Magari da sobria” scherza ancora mio marito, ma lo ignoro. Mi è bastato
sapere che la casa esiste per far scattare in me una nuova sicurezza. Scoprirò
chi si cela tra quelle mura. Vivo… o morto.
"Voglio vederci chiaro" lo affronto.
"Quello che dici è assurdo." Ora è infastidito.
“Credi quello che vuoi, io l'ho visto. E se la casa c’è, nessuno mi
impedisce di andare a fare una visita ai proprietari."
Mio marito volge lo sguardo alla finestra, scansa la tendina e punta la
strada appena illuminata di questo grazioso e sonnacchioso quartiere.
"Il fatto che tu scriva thriller non ti autorizza a fare congetture. A
volte le cose sono molto più semplici di quello che immaginiamo." Pronuncia
l’ultima parola lentamente, per mettere l’accento e calcare la mano. Ma io so
che non me lo sono immaginato.
Gli tolgo la tendina dalle dita e la richiudo lentamente. Una piccola luce della
casa di fronte si accende proprio in quel momento.
Io l’ho visto. C’era un uomo nudo, davanti a una grande vetrata.
Immobile come può essere una persona sovrappensiero, scioccata… oppure appena
pugnalata.
Gratitudine per aver fatto luce su questo argomento con tanta chiarezza e profondità.
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