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Visualizzazione dei post da maggio, 2022

Scrivere la propria storia non è mai una buona idea

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 "La mia vita è un romanzo!" "Me ne sono capitate talmente tante che ci potrei scrivere un romanzo!" Alzi la mano chi ha sentito almeno una volta queste frasi. Lo so, siamo tanti e sto per darvi una notizia poco gradevole: per quanto la nostra vita a noi sembri interessantissima, agli occhi degli altri è una come tante. E non è nemmeno degna di essere raccontata per filo e per segno. Ma come, direte, nei post precedenti hai detto che dobbiamo scrivere principalmente di ciò che conosciamo e la nostra vita la conosciamo bene! E qui casca l'asino, la penna e pure il calamaio. Raccogliere o attingere informazioni da ciò che conosciamo non vuol dire 'scrivere un romanzo'. Un romanzo ha bisogno di una storia e di una trama che regga. Se voi provaste a raccontare la vostra vita senza seguire uno schema narrativo, ma semplicemente narrando la cronologia dei fatti, il povero lettore si addormenterebbe alla terza pagina. Sì, anche se noi ci stiamo emozionando. Que

Dove ambiento la mia storia?

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 Questa domanda va a braccetto con il post precedente e la risposta (con varie ed eventuali) è la stessa: in luoghi che conosci. O quantomeno che hai visitato. C'è da dire che se tutti gli autori dovessero scrivere solo di luoghi visitati personalmente, non esisterebbero molti romanzi; tuttavia il mio consiglio spassionato è (di nuovo) documentatevi per bene . (Mi riferisco ai generi romance, thriller, chick-lit etc...) Purtroppo, a volte, si trovano degli strafalcioni evitabili se solo l'autore si fosse documentato per bene e non si fosse impuntato a far svolgere la sua storia nel Texas (paese a caso che non conosce). Ma perché andiamo a cercare luoghi esotici? (in gergo letterario per luogo esotico si intende accattivante). La risposta in genere è una sola: perché siamo figli della nostra storia, del nostro passato pieno di tv. La storia di una fioraia di New York risulta da subito già più interessante di una fioraia di Parma (città a caso). Quindi perché privarsi di poter f

Scrivi solo di ciò che conosci o...

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 Il titolo di questo post sintetizza uno dei consigli più spassionati che possono darvi gli addetti ai lavori. In verità c'è un'estensione: Scrivi solo di ciò che conosci... e se non conosci documentati bene! Quando si scrive un romanzo o anche un racconto, conoscere bene l'argomento di cui si parla non solo fa immergere il lettore, ma indubbiamente ci evita di incappare in errori grossolani che possono trasformarsi in riscontri poco piacevoli. Questo perché troverete sempre qualcuno che quel mestiere o quella situazione la conosce perché è il suo mondo e leggere castronerie al riguardo è molto fastidioso. Il lettore è non solo molto esigente, ma fa fatica a immedesimarsi se si rende conto di essere in qualche modo raggirato o illuso. Questo in parole povere vuol dire che se volete ambientare un racconto o un romanzo nello spazio, in cui la protagonista ripercorre le gesta di Samantha Cristoforetti, a meno che di non essere a vostra volta un'astronauta, difficilmente po

Concorsi letterari: croce e delizia

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  Ricevere un premio per ciò che abbiamo scritto è di fatto molto gratificante. Infatti il primo consiglio che do quando mi chiedono A chi potrei far leggere le mie cose? è: "Prova a partecipare a un concorso letterario." Vediamo perché. Se il primo passo da fare è uscire dalla comfort zone e dal guscio dell'anonimato, il secondo è senz'altro quello di mettersi alla prova. Avere un profilo personale sui social, magari in modalità privata (in cui i nostri contatti sono tutti amici/colleghi/parenti), non basta per testare se i nostri scritti hanno del potenziale. Tendenzialmente tutti commenterebbero con lodi e complimenti anche in presenza di lacune, appunto perché coinvolti affettivamente. Partecipare a un concorso letterario, non solo vi mette di fronte a uno scontro alla pari (persone che hanno la passione della scrittura come voi), ma sarete 'giudicati' da scrittori, giornalisti, editori, insomma gente del mestiere che sa riconoscere quando c'è stoffa

Siate coraggiose

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  "Di cosa hai paura?" "Non mi sento ancora pronta a far leggere le mie cose." Questa è la risposta che mi è stata data più volte da chi si approccia alla scrittura. Seguita spesso da "Mi vergogno un po' " e "A chi potrà mai interessare?" Tutto legittimo. E comprensibile. Tuttavia a volte si dimentica di quanto la scrittura sia terapeutica per noi, non solo nell'atto di buttare giù i pensieri, ma nell'offrirlo agli altri. Farlo leggere, esporlo a un pubblico ci mette, se vogliamo, in una condizione di svantaggio, e non rimane altro che fare i conti con una delle paure più grandi del nostro tempo: il giudizio. Io quella paura la capisco. Ci sono passata io, ci sono passati tutti. E quando dico che è terapeutico intendo che una volta usciti allo scoperto si impara a esporsi con coraggio, a difendersi dai commenti negativi; si impara a migliorarsi, si impara ad avere un confronto. Tutte cose che finché rimaniamo abbarbicati alla comfort