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Visualizzazione dei post da giugno, 2022

Cosa ho letto: Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman

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  Spesso si sente dire che non siamo noi a scegliere un libro, ma un libro a scegliere noi. È quello che è successo a me con 'Eleanor Oliphant sta benissimo' di Gail Honeyman, edito da Garzanti. Non so quante volte in questi tre anni mi è passato sotto il naso, anche come 'fenomeno editoriale', ma non mi ci sono mai soffermata più di tanto. Avevo anche letto le recensioni bellissime, ma non mi aveva mai suscitato molto interesse. Tranne l'altro giorno. Ennesimo passaggio. Invece di scorrere, mi sono soffermata, ho scaricato l'anteprima ed è stato amore a prima vista, tanto da prendere la macchina e andare in una libreria del centro pur di iniziarlo il giorno stesso. Eleanor Oliphant ha scelto me, in questo preciso periodo, in cui mi sembra di vivere in una bolla. Come lei. La storia e la protagonista di questo 'delizioso' e angosciante romanzo sono due elementi da assimilare piano piano. Le recensioni parlano chiaro: o piace da matti o delude tantissimo,

Posso fare a meno dell'editor?

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  NO. Ma io a italiano avevo 10. NO . Ma me lo corregge mio cuggino, è un tipo che legge molto. NO . Ma l'ha letto mia mamma (cugina, sorella, mi nonna) e ha detto che è bello. NO . Mi sono avvalso di un'App, di un sistema, di un sito, e... NO . L'editing non è la correzione di bozze. L'ho riletto 8 volte e torna tutto. NO . E comunque 8 volte sono poche. Rileggilo e procurati un editor. Si capisce che è un NO chiaro e tondo? Fidatevi, per quanto a voi il vostro testo sembri PERFETTO, in realtà non lo è. Alla prima stesura è IMPOSSIBILE. Non solo: se siete alle prime armi c'è da metterci le mani in modo massiccio. Ai nostri occhi, il nostro libro, è come un figlio: si vedranno solo i pregi. A elencarci i difetti saranno quelli che non sono coinvolti emotivamente tipo la maestra, il capo scout, il prete della parrocchia, il suo allenatore di calcio e via dicendo. Vi diranno che sì, il bambino è tanto caruccio, ma dovrebbe smussare un po' quel piglio ribelle, esse

Ho finito il mio romanzo. E adesso?

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 Una delle ultime richieste che mi sono state fatte per questa rubrica è proprio questa: ma ora che ho finito il romanzo, come mi muovo? Allora, facciamola facile: partiamo proprio dall'inizio. Voi avete scritto un romanzo (lungo o corto che sia non ha importanza) e questo giace nel famoso cassetto. Buona norma sarebbe di lasciarlo decantare un pochino e rileggerlo con occhi e mente fresca dopo un po'. Questo vi aiuta a 'scorgere' da soli eventuali incongruenze. Qui si aprono due strade: provare a mandarlo a una casa editrice o pubblicare come autori indipendenti. Pubblicare con CE.  Presentare un manoscritto a una casa editrice è un passo molto importante e richiede che sia fatto con molte accortezze. Prima cosa da fare: presentarlo al meglio. Quindi un testo impaginato bene, con un font chiaro e leggibile, possibilmente senza errori, con una sinossi degna di questo nome (n.b. la sinossi non è la trama, non è la quarta di copertina. La sinossi è un'esposizione dett

Cosa ho letto: Diversity Hotel di Luca Zanforlin

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  Trama: Luca galleggia in una vita vuota dove tutto sembra sfiorarlo senza mai attraversarlo veramente. Ha da sempre un rapporto conflittuale con la famiglia, soprattutto con il padre, un ricco imprenditore che lui disprezza con tutto se stesso ma dal quale, comunque, continua a farsi mantenere. Un giorno l'avvocato di famiglia lo contatta per proporgli, o forse sarebbe meglio dire "imporgli", un lavoro: dovrà gestire per conto della famiglia un vecchio albergo vista tangenziale alla periferia di Milano. L'edificio è stato convertito in un condhotel, una struttura di mini appartamenti per affitti a medio termine. Per Luca è un'occasione imperdibile: finalmente potrà prendersi una rivincita sul padre, dal quale, a parte i soldi, non ha ricevuto mai altro se non critiche e biasimo. Con l'unico intento di squalificare la struttura e portare al fallimento l'impresa dell'uomo, Luca seleziona quello che dal suo punto di vista è un gruppo di disadattati ed e

Cosa ho letto: Central Park di Guillaume Musso

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Trama: New York. Otto del mattino. Alice, una giovane poliziotta di Parigi, e Gabriel, pianista jazz americano, si svegliano ammanettati l’una all’altro su una panchina di Central Park. Non si conoscono e non ricordano nulla del loro incontro. La sera prima Alice era a una festa sugli Champs-Elysées; Gabriel suonava in un pub di Dublino. Com’è possibile? Per capire cosa sta succedendo non possono fare altro che agire in coppia, e la verità che scopriranno finirà per sconvolgere le loro vite. Mi sono imbattuta in Guillaume Musso per caso, non ricordo nemmeno cosa stessi cercando, ma una volta letta la trama e l'incipit non sono riuscita più a staccarmi. Una poliziotta e un pianista jazz si svegliano su una panchina a Central Park, ammanettati tra loro. E non si conoscono. Già questo basterebbe per innescare nel lettore la domanda più ovvia 'Cosa è successo?', ma a tutto questo si aggiunge il fatto che la donna fino a poche ore prima era a Parigi e l'uomo in un Pub in Irl

Cosa ho letto: Tutto chiede salvezza di Daniele Mencarelli

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  Uso molto Facebook e pochissimo Instagram, di quest'ultimo social sono solo una grande spettatrice, perlopiù di account che parlano di libri. È grazie a uno di questi che ho scoperto TUTTO CHIEDE SALVEZZA di Daniele Mencarelli edito da Mondadori. Mi sono bastate poche righe per coglierne la potenza. Il romanzo è la storia autobiografica di Mencarelli, il quale ha passato una settimana in un reparto di psichiatria, dopo un TSO. La vicenda, in tutta la sua crudezza, scava dentro l'essere umano senza riserve. La scrittura è asciutta, senza fronzoli, ma a tratti poetica. E sono proprio la poesia e la scrittura a salvare Daniele negli anni a venire. Nel romanzo troveremo dei personaggi atipici, difficili, dipinti dapprima come estranei; alla fine saranno più simili a noi più di quanto si creda. Uno sguardo schietto, sincero, su un mondo controverso: medicina, scienza, umanità, paure, fragilità, tutto condito dalla penna magistrale e spietata dell'autore.  Breve estratto: "

Cosa ho letto: La chiave dei ricordi di Kathryn Hughes

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  Trama: A trentotto anni, dopo un divorzio difficile, Sarah è tornata a casa dei genitori, convinta di non avere più un futuro. Per distrarsi dai suoi problemi, decide di scrivere un libro su Ambergate, l'ospedale psichiatrico in cui lavorava il padre e che, dopo anni di abbandono, verrà presto demolito. Girovagando tra i corridoi di quell'enorme edificio in rovina, Sarah trova la valigia di una vecchia paziente. Dentro c'è un biglietto sui coi sono scritte poche righe, che la riguardano molto da vicino… Rintracciare quella paziente diventa una missione. Spinta da una forza che credeva di aver perduto, Sarah insegue i labili indizi lasciati da quella donna, ricostruendo così la storia di un dolore così grande da essere scambiato per follia, di un amore capace di rischiarare anche le tenebre più buie, di un segreto rimasto sepolto troppo a lungo… Inutile dire che la trama, così come è scritta, è assai affascinante. Ciononostante questo romanzo non è riuscito ad appassionarm

La scaletta serve davvero?

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  Dipende.  Se provaste a fare questa domanda in un gruppo frequentato da scrittori, le risposte potrebbero essere tante e tutte diverse. A: C'è chi preferisce pianificare punto per punto. B: C'è chi scrive a braccio e riguarda tutto alla fine. C: C'è chi la butta giù per poi stravolgerla. D: C'é chi si segna solo i punti salienti. E: C'è chi non la usa per niente. Ognuno ha il suo metodo e su questo non c'è una regola. L'unica cosa che mi viene da sottolineare è: il contesto cambia a seconda del genere che scriviamo. Esempio: gli scrittori di gialli e thriller possono non avvalersi della scaletta? Ne dubito (ma questo rimane un dubbio mio) perché questo genere comporta una serie di incastri talmente perfetti da essere studiati a tavolino. Discorso diverso per un romance o una commedia dove ci possiamo permettere 'divagazioni' fuori scaletta senza che il tutto venga rimesso in discussione. Un'altra cosa da non sottovalutare è la lunghezza: più la

Cosa ho letto: Appunti sul dolore di Chimamanda Ngozi Adichie

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  Trama: La morte improvvisa dell'amatissimo padre nel giugno 2020, in piena pandemia, getta Chimamanda Ngozi Adichie in uno stato di rabbiosa prostrazione. Le consuete parole della consolazione la irritano, il formalismo dei riti la esaspera, il dolore la dilania. Ma i suoi pensieri e le sue sensazioni, l'analisi dei diversi modi di affrontare il lutto, quello nigeriano e quello occidentale, diventano occasione per una lucida e penetrante meditazione sulle cose ultime, oltre che un canto d'amore per colui che per primo le ha insegnato a non temere il giudizio degli uomini. Cosa significa morire in tempo di pandemia? Può significare che la notizia, addirittura l'immagine di un padre senza vita, arrivi tramite una call su Zoom; se si vive in continenti diversi e il lockdown inchioda il mondo intero alla propria abitazione, può significare anche attendere spasmodicamente la riapertura degli aeroporti per poter raggiungere la città natia e celebrare finalmente l'indisp