La verità, vi spiego, sulla scrittura (semi cit.)





Tu scrivi la parola FINE. Non importa quanto tempo hai impiegato a scrivere il romanzo o quello che è, tu la scrivi. Hai detto tutto quello che c'era da dire. Hai finito.
Manco per il cazzo.
Da qui comincia quella fase bellissima di rilettura, revisione e riscrittura che è ostica sì, ma NECESSARIA.
Quindi, dicevamo, metti la parola fine.
Ti metti a rileggere? NO! Il testo deve decantare un po', come il vino. Lo devi lasciar stare lì, come se tu ci avessi litigato, ma cosa vuoi, ma chi ti conosce.
Questo tempo è utile per farti rileggere con occhi nuovi quello che hai scritto e farti esclamare "Ma va' che puttanata ho scritto!" o far leggere una frase a tua figlia chiedendo "Ma l'ha aggiunta babbo questa frase? È uno scherzo?" o ancora "Ci deve essere un problema al pc perché non capisco questa passaggio."
Invece l'hai scritte tu. Durante la stesura ti senti Ken Follett o l'ennesimo genio incompreso con un capolavoro tra le mani; ora pari nonna Beppina 'mbriaca che manda sms ai nipoti. "Kome va tt bene a cassa? Se voi venissi a cena, andrebbi a fare la spesa, okaj?"
Ovviamente non è così, ma vi SENTITE così.
Attraverserai tutta una serie di dubbi esistenziali, sì anche se sei al decimo romanzo: "Ho scritto una cagata?"
"Non so più scrivere."
"A chi interessa questo romanzo?"
"Basta lo riscrivo TUTTO."
"No, aspetta un attimo, magari un pezzettino."
"Cambio il nome al maggiordomo perché ho trovato lo stesso nome in un testo del 1992 di tal Scrittorina Beneinmeglio e non mi va che mi diano della copiona."
Poi ti dai una calmata e ti dici "No, dai non è così male," e lo accarezzi con benevolenza.
Tanto a dirti queste cose ci pensa l'editor che, ovviamente, non è lì per lisciarti il pelo, ma per farti i cazziatoni.
È il tuo occhio esterno.
È il tuo specchio.
La mia fa anche correzione di bozze.
Voleranno frasi come:
"Qui ad esempio... ma cosa volevi di'?"
"Ma te capisci cosa hai scritto? Perché se lo capisci te, è già qualcosa."
"Bella questa frase, vero?" "Sì!" "Invece no, è orribile. Riformulala."
"Leggi a voce alta. Ti sembra uguale?"
"Per quale motivo, di grazia, la protagonista a inizio capitolo indossa un maglione e alla fine si abbottona la camicetta?"
"Mantieni il focus..."
"Ci vogliamo mettere un punto in questo periodo o con il libro diamo una bombola d'ossigeno in regalo?"
Cose così. Passerete anche ORE su una pagina. Il bravo editor non riscrive al posto vostro, ma ha il compito di guidarvi affinché voi lo facciate al meglio, col vostro stile e il vostro registro. Vi imbecca con suggestioni e vi bacchetta con amore, perché all'editor piace, è lì apposta. Lavorare con un editor è come una storia d'amore: deve funzionare, altrimenti volano i tavoli. Devi capire che quando ti dice "Questo passaggio non va bene, va riscritto," non lo fa perché gli hai schiacciato il gatto in retromarcia, ma perché DAVVERO non funziona, anche se per te QUEL passaggio era perfetto (magari racconta il tuo vissuto).
Per questo lavorare con un editor che non senti nelle tue corde non funziona; tutto quello che ti dirà ti sembrerà offensivo e il gatto glielo schiacceresti col trattore.
Attraverserai montagne russe di profondi scoramenti con picchi di euforia e ti vedrà con gli occhi iniettati di sangue lavorare sodo per la tua ennesima creazione. Si sentirà odiato, ma è un odio a fin di bene perché l'editor lo sa, sulle prime non può essere amato.
Salvo poi, a revisione finita, accorgerti che sì, adesso è più pulito, più leggibile. E sì, anche più bello. Alla fine l'editor è come tu madre: ha sempre ragione.


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